Archivio per ottobre 2016

21
Ott
16

SEGNI. New generations festival. UNDICESIMO Festival teatro arte spettacolo. Mantova, 26 OTTOBRE – 2 NOVEMBRE 2016

segni-2016-copia

       PROGRAMMA

 

Imperdibile.

Silvia Berruto, giornalista contro il razzismo

13
Ott
16

Morte accidentale di un Dario

Morte accidentale di un maestro,

forse si tratta  della morte accidentale di un anarchico.

dopo una vita
all’improvvisa
ti si omaggia ancora

con quelle e quelli del CUT (Comitato teatrale di Torino) dei primi anni di università

e col refrain con cui ci ti si vi porta dentro:

… ” che sempre allegri bisogna stare
che il nostro piangere fa male al
re,
fa male al ricco
e al
cardinale

diventan tristi se noi piangiam”

PROSIT

ovunque tu sia
abbi cura di te

con un lungo interminabile abbraccio,

ciao Dario

 

Je. Anarchica non per caso

07
Ott
16

Il Movimento Nonviolento sulla Marcia Perugia-Assisi 2016

Una riflessione aperta…
con prologo, premessa, contenuti, considerazioni, proposta, conclusioni.

 

Prologo

 Questo documento affronta una vicenda che ci sta a cuore; non giudica le scelte di altre associazioni; non denuncia divisioni nel movimento pacifista; vuole semplicemente esprimere il nostro pensiero per rispondere alle amiche e agli amici che ci chiedono: “Perchè il Movimento Nonviolento non partecipa alla Marcia PerugiAssisi 2016 ?”

Premessa

La Marcia Perugia-Assisi è la storica manifestazione del movimento pacifista italiano, nota in tutto il mondo. La sua immagine evocativa e simbolica trae alimento e forza dalla prima edizione del 24 settembre 1961, ideata e voluta da Aldo Capitini, il filosofo della nonviolenza e fondatore, con Pietro Pinna, recentemente scomparso, del Movimento Nonviolento.

Il percorso da Perugia ad Assisi è carico di significato. Capitini “libero religioso”, come lui stesso si definiva, volle iniziare la Marcia da Perugia, città laica, e concluderla ad Assisi in omaggio a Francesco “che è santo per tutti”.
Capitini ideò quella Marcia in un momento internazionale di forte contrapposizione Est-Ovest, con lo spettro dell’olocausto atomico, per unire le masse popolari italiane, cattolici e comunisti, laici e religiosi, nel comune desiderio di pace per il mondo. Ma alla generica aspirazione alla pace, Capitini volle aggiungere “il lancio dell’idea del metodo nonviolento”.

Dopo la morte di Capitini il Movimento Nonviolento ne raccolse l’eredità: fu Pietro Pinna a proseguirne l’opera e nel 1978, a dieci anni dalla morte di Capitini, ripropose la Marcia come strumento di azione del movimento per la pace e lo fece anche negli anni successivi con precisi obiettivi politici: nel 1981 contro l’installazione dei missili nucleari, nel 1985 per il blocco delle spese militari.

Poi però la Marcia si è “istituzionalizzata”, assunta dagli Enti locali umbri e da un comitato promotore permanente, che l’ha resa periodica, convocandola ogni due anni. Ne sono state realizzate 16 edizioni, più o meno partecipate, con o senza obiettivi specifici, ma raccogliendo sempre la volontà di partecipazione di tanta parte dell’associazionismo organizzato o di singole persone. La Marcia negli anni è divenuta patrimonio comune, un appuntamento importante, ma con il rischio della ritualità e della genericità.

Già nel 1988 Pietro Pinna sulle pagine di Azione nonviolenta ne denunciò “la genericità delle sue parole d’ordine prive di un qualsiasi obiettivo di immediata azione comune”.
Dopo la Marcia del cinquantesimo anniversario nel 2011, cui partecipammo attivamente come co- promotori, chiedemmo pubblicamente una riflessione profonda e critica sul senso della Marcia oggi, come forma collettiva di azione nonviolenta orientata a precisi obiettivi politici, ma gli organizzatori hanno preferito proseguire acriticamente con una riproposizione ripetitiva.

Contenuti

Queste riserve le ribadiamo ancor oggi, in vista della prossima edizione della Marcia della pace e della fraternità 2016.
L’appello si caratterizza “Contro la violenza e l’indifferenza” e dice che la Marcia vuole “fermare le guerre, le stragi e i violenti; contrastare le idee e le politiche che alimentano le paure e le divisioni; gettare le basi per una società di pace”. Ai partecipanti viene chiesto aiuto per “abbattere i muri dell’indifferenza, della rassegnazione e della disinformazione” e l’Appello si conclude così: “Facciamo in modo che la PerugiAssisi sia la marcia di coloro che si oppongono a questa realtà, che si indignano, la rifiutano e si impegnano quotidianamente a trasformarla costruendo pace, accoglienza, solidarietà, dialogo, nonviolenza e fraternità”.

Francamente ci sembrano affermazioni troppo generiche, prive di qualunque impegno e obiettivo politico stringente all’altezza della tragica realtà dei nostri tempi. Titolo, contenuti e documento

della Marcia sono stati comunicati come un dato di fatto. A tutti si chiede solo di aderire e partecipare. La gestione, l’organizzazione, l’immagine della Marcia restano in mano al cosiddetto “comitato promotore” che, sempre con la stessa firma personale, appare come un organo monocratico.

Considerazioni

Noi pensiamo che non sia utile convocare una Marcia (è stata annunciata più di un anno fa) indipendentemente dal contesto internazionale nella quale viene a “cadere” e dai percorsi di elaborazione politica collettiva del “popolo della pace”. L’Appello non affronta quanto di drammatico e disastroso sta accadendo oggi in Siria, in Iraq, in Libia, in Afghanistan e in decine di altre zone del mondo, con una comunità internazionale impotente o complice, dentro una nuova corsa agli armamenti. Gli attentati del terrorismo internazionale anche nel cuore dell’Europa e la risposta bellica che anche il nostro governo avalla, richiedono analisi, iniziative, proposte (che pure il movimento per la pace, nelle sue varie articolazioni, ha elaborato) ben più complesse di quanto contenuto nei generici appelli della Marcia che purtroppo nella sua voce corale non riuscirà ad esprimere di meglio. Ne risulterà, per l’opinione pubblica, un movimento per la pace inadeguato, autoreferenziale, inconcludente, non all’altezza delle sfide quotidiane. Da parte nostra assecondare questi equivoci e ambiguità non ci sembrerebbe un buon servizio alla causa comune.

Farlo sarebbe un errore politico.

Proposta

Riteniamo che oggi il movimento per la pace non debba essere riportato alla genericità degli slogan retorici, buoni per ogni stagione, ma che non spostano in avanti il processo di disarmo e di costruzione delle alternative alla guerra, alle armi ed agli eserciti, strumenti che l’alimentano e la rendono possibile. La Marcia, come scriveva Aldo Capitini, non può essere “fine a se stessa”; la Marcia è un mezzo nonviolento di azione: tra i requisiti fondamentali vi è quello di dover proporre obiettivi politici specifici e chiari, “onde che vanno lontano”, che impegnino responsabilmente ciascuno dei marciatori.

Ad esempio noi pensiamo che la Campagna “Un’altra difesa è possibile”, con la proposta dell’approvazione di una Legge che riconosca e renda istituzionalmente operativa la difesa civile non armata e nonviolenta, avrebbe potuto essere un obiettivo politico importante e qualificante della Marcia, sui cui le associazioni e i singoli marciatori avrebbero potuto essere chiamati ad impegnarsi. Ma così non è stato.

Dopo più di 50 anni, sarebbe il momento di fare una valutazione collettiva ed anche ripensare ai modi di comunicazione e di espressione del più vasto movimento. Marciare in corteo da Perugia ad Assisi nel 1961 era un fatto assolutamente innovativo e rivoluzionario; continuando a farlo ogni due anni si corre il rischio della ripetitività ed assuefazione. Così come nelle forme organizzative anche nelle modalità comunicative ci vuole un adeguamento al rapporto mezzi – fini.

Conclusioni

Per queste ragioni e per queste mancanze il Movimento Nonviolento ha ritenuto che non vi siano le condizioni per poter aderire alla Perugia-Assisi del 2016.
Tuttavia, essere alla Marcia è un momento importante per chi vi partecipa. Dal giorno dopo la Marcia chi vorrà continuare un impegno serio, consapevole e quotidiano per la costruzione della pace attraverso la nonviolenza, potrà trovarci nelle decine di Centri territoriali del Movimento Nonviolento in tutta Italia: c’è bisogno ogni giorno del lavoro di tutti.

Ciò che abbiamo voluto evidenziare con questo documento, rivolgendoci soprattutto alle Reti con le quali convocammo l’Arena di Pace e Disarmo e con le quali conduciamo la comune Campagna “Un’altra difesa è possibile”, è che l’unità del movimento la si costruisce quotidianamente impegnandosi a fondo sui contenuti: il Movimento Nonviolento non fa mai mancare la propria aggiunta nonviolenta a chi sinceramente opera per la pace.

Movimento Nonviolento                                                              http://www.nonviolenti.org http://www.azionenonviolenta.it
20 settembre 2016
02
Ott
16

2 ottobre. Giornata internazionale della Nonviolenza

Oggi le amiche e gli amici, persuasi della Nonviolenza, sono particolarmente coinvolti.

Agire la nonviolenza a partire dall’affrontare, per risolvere, la propria violenza interiore. A partire da sè.

Per giungere ad un punto che altro non sarà che un obiettivo, una tappa, una transizione da cui trans-ire per continuare.

Spesso sembra di dover ricominciare. Sempre quando le armi hanno APPARENTEMENTE la meglio e così è effettivamente per tutte le-gli esseri senzienti uccisi e COLLETTIVA è la responsabilità. NOI dobbiamo ricominciare in ogni istante, e da zero, finché un’arma verrà usata. Dunque costruita, comprata, distribuita coi soldi delle tasse delle donne e degli uomini di tutto il pianeta. Di ognuno di NOI.

Perché, mi domando e domando, nessun sostenitore del SI al referendum costituzionale – salvo errori e, non solo mie, OMISSIONI – ha detto che l’ITALIA potrebbe risparmiare in primis sulle ARMI.

Perché, domando e mi domando, nessun sostenitore del SI dice che ogni cittadina e ogni cittadino potrebbe fare, da chi non arriva alla prima settimana del mese a chi ha pluripensioni e vitalizi, grandi risparmi. Di morti e di vite distrutte persempre, prima che di soldi.

“Un euro al giorno leva la guerra di torno” diceva Nanni (Salio).

Perché nessun sostenitore del SI ha l’onestà intellettuale di segnalare e spiegare tutti i passaggi di modifica dell’ARTICOLO 78 sulla DICHIARAZINE DELLO STATO DI GUERRA ?

Perché non si dice che se passa la nuova s-versione della Costituzione anche su questo articolo deciderà solo LA CAMERA e non più anche i senatori cancellando così la maggioranza assoluta dei componenti.

Perché i deformatori di testi e di articoli non dicono al popolo italiano che nella prima versione era prevista, e sufficiente, la maggioranza semplice dei presenti.

Cito Ernesto Incorvaia e la parte finale del suo messaggio del 20 febbraio 2015:

“I depu­tati paci­fi­sti ave­vano pro­po­sto che la mag­gio­ranza fosse qua­li­fi­cata, almeno dei due terzi. Visto che l’articolo 11 della Costi­tu­zione ci dice che «l’Italia ripu­dia la guerra come stru­mento di offesa», se que­sta deve essere dichia­rata (evi­den­te­mente in casi ecce­zio­nali, estremi e solo per motivi di difesa dei con­fini), allora che sia una deci­sione il più con­di­visa pos­si­bile. I loro emen­da­menti sono stati bocciati.

Per­ché la modi­fica di venerdì notte è gra­vis­sima?Per­ché la riforma costi­tu­zio­nale è affian­cata da una riforma elet­to­rale (l’Italicum) che pre­vede il pre­mio di mag­gio­ranza al par­tito vin­ci­tore delle ele­zioni. Il com­bi­nato dispo­sto delle due riforme dà di fatto ad un par­tito poli­tico (che potrà avere la mag­gio­ranza asso­luta alla Camera anche con una mag­gio­ranza rela­tiva dei voti dell’elettorato) il potere e la respon­sa­bi­lità di dichia­rare lo «stato di guerra».

E come potrebbe avvenire dunque, nella prospettiva di cambiamento e di applicazione del nuovo testo dell’ex articolo 78, la decisione di intervenire in Libia ? Risegnalo il pezzo di Mao Valpiana “Avventura libica: Eia, Eia ! Alalà ! C’era una volta l’articolo 11” dello scorso 12 marzo. (https://silviaberruto.wordpress.com/2016/03/12/avventura-libica-eia-eia-alala-di-mao-valpiana-presidente-nazionale-del-movimento-nonviolento-ricevo-e-volentieri-posto/).

Perché non vogliamo spendere per la vita di tutte e di tutti, piuttosto che per la morte di tutte e di tutti.

Che senso ha oggi essere e fare il medico, soprattutto in zone di guerra, se non quello di dire di NO alla guerra in una disperata e disperante marcia, senza fine,  in salita come è quello di Sisifo ?

Che senso ha essere un giurista e un costituzionalista, non solo in zone di guerra, se non quello di dire, con leggi migliori, che altri modi e mondi sono possibili. E poi darsi da fare per costruirli.

Che senso ha oggi essere un giornalista se non è di GIORNALISMO DI PACE che si deve parlare, scrivere e raccontare.

Col/i COSTRUZIONISMO/I della guerra si dice SI a tutto ciò che distrugge. Quando parlo delle armi agli studenti dichiaro sempre, col groppo in gola, che non ho mai visto un’arma che, sparando, produca VITA …

Perché torturarci, e farci torturare, con acrobazie ed equilibrismi improbabili come le definizioni di GUERRE UMANITARIE?

Perché non volere subito che bambine e bambini, giovani donne e uomini, anziane e anziani di dovunque, siano felici e VIVI a livello planetario?

Con tutti i diritti alla VITA, al cibo, all’uguaglianza, alla salute, allo studio, rispettati.

Questo passaggio culturale e umano è una RIVOLUZIONE possibile e attuabile in una vision e in una prospettiva “PANORAMICA” in cui la Nonviolenza, davvero salvifica, è il varco della storia, come ha insegnato Aldo Capitini.

Per la realizzazione di una ECONOMIA, nonviolenta, applicata e planetaria, buona PER TUTTE E PER TUTTI.

Non solo per qualcuno.

Perché o TUTTI SONO LIBERI o NESSUNO è LIBERO.

Neppure di VIVERE.

Oppure si sia coscienti di vivere a tradimento! Aggiunga ogni lettore i complementi oggetti che ritiene più significativi e rappresentativi.

Allora oggi, ieri e domani, pur nella totale disperazione nei confronti delle armi, con altre e con altri, sto cercando di impegnarmi in ciò che so e che imparo a fare, quotidianamente, per un’utopia concreta:  per UN’ALTRA DIFESA POSSIBILE.

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Silvia Berruto, referente per la Valle d’Aosta di UN’ALTRA DIFESA E’ POSSIBILE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




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