Gavardo, 29 gennaio 2017
Tributo a Flaminia Amici, sopravvissuta e testimone del bombardamento del 29 gennaio 1945 di Gavardo
Benvenute e Benvenuti.
Sono Silvia Berruto,
Per il sesto anno di seguito a Gavardo il 29 e 30 gennaio.
Per testimoniare, da nipote, ovvero dalla parte della seconda generazione, ciò che è stato.
Sono nipote di Francesco Gallinari, deportato in Germania e in Polonia.
Arrestato mercoledì 8 settembre 1943 a Brescia, alla caserma Goito.
Tornato martedì 28 agosto 1945.
A Gavardo ho incontrato, lavorato e riflettuto, dal 2012, con le studentesse e gli studenti di tutte le classi terze della scuola “Giuseppe Bertolotti”.
555 le studentesse e gli studenti incontrati sinora. Saranno 702, il 31 gennaio 2017.
A Gavardo, il 23 aprile 2012, in occasione della mostra del lavoro svolto nel corso del progetto © “Il sogno di una cosa. Il dovere diritto di essere liberi in un contesto condiviso del rispetto delle regole valide per tutti” da me condotto, sono stata accolta dalla Signora Flaminia che, presentandosi, mi disse: “Benvenuta Silvia – suggellando l’accoglienza con una forte stretta di mano – sono la nonna di Simone Polvara”.
Qui a Gavardo ho incontrato Domenico BUCCELLA, internato militare a Bergen-Belsen proprio dove IDA DESANDRE’, l’ultima deportata politica valdostana in vita, amica e maestra, è stata deportata.
A lei è dedicato, insieme a Italo Tibaldi e alla staffetta partigiana Anna Dati, il progetto culturale, di cui sono ideatrice e conduttrice, Collettivamente memoria, giunto quest’anno alla decima edizione, nel quale ho voluto rientrasse l’incontro di oggi.
SONO QUI perché desidero:
– dire GRAZIE alla Signora Flaminia,
– RINGRAZIARE pubblicamente questa comunità, alla quale sento di appartenere, che COLLETTIVAMENTE continua a fare STORIA e MEMORIA. Desidero ringraziare anche per l’accoglienza della scuola che da sei anni mi offre l’opportunità di riflettere con le studentesse e gli studenti delle classi terze;
– DIRE GRAZIE pubblicamente ancora una volta al maestro Piero Simoni, a Luigi Orlini, a Giovanni Tobanelli e ad Antonio Abastanotti;
– testimoniare
– STARE e CONDIVIDERE in EMPATIA la giornata di oggi, qui, con VOI.
Per la costruzione di un impegno civile del NOI.
Si dice che chi incontra un TESTIMONE diventa a sua volta un TESTIMONE.
Sono qui perché ho deciso di accettare il testimone dal deportato politico Italo Tibaldi – deportato a Mauthausen e Ebensee, Matricola n.42307 – quando me lo ha chiesto.
Testimoniare assicura l’immortalità dei fatti avvenuti e dei gesti compiuti.
Delle Resistenze, delle disobbedienze, delle opposizioni.
Dei NO detti e agiti.
Delle memorie.
Del passaggio del testimone e forse dell’improbabile scelta di accogliere il testimone.
Per testimoniare.
Alla ricerca della costruzione permanente di un’etica, anche del ricordare, sulla fragile linea delle memorie, incerte, mutevoli, ingannevoli, labili in cui si inserisce il destino umano dell’essere condannati a riflettere.
E a ricordare.
LA TESTIMONIANZA, preziosa per ricostruire scenari e fatti storici come nella restituzione di un volto alle vittime – persone, non matricole – è già quasi assenza TOTALE di resoconti diretti, con l’evidente assenza dell’esperienza concreta.
In questo senso l’età del testimone è conclusa.
Ora siamo nell’epoca della post-memoria.
Per POST si intende proprio, e cito, “la distanza temporale e qualitativa delle memorie ” dei nonni e dei nipoti che mette però in evidenza il carattere di CONSAPEVOLEZZA di seconda e successiva generazione, tra cui vi sono figli e nipoti.
L’impervio passaggio del testimone titola, a questo proposito, Claudio Vercelli, ricercatore e studioso piemontese, il 26 gennaio scorso, riflettendo ancora una volta sul Giorno della Memoria.
E se già viviamo nell’epoca della post-memoria resta pur sempre, e ancora, IL DOVERE DI RICORDARE.
INDIVIDUALE e COLLETTIVO.
Collettivo perché, ancor prima, convintamente individuale.
Zakhòr, in ebraico, “ricorda!” è l’imperativo categorico.
Per non dimenticare.
E se RICORDARE VUOL DIRE NON MORIRE, *
TESTIMONIARE E’ PER SEMPRE, SIMONE ! (Polvara, nda).
Vuol dire accompagnare e accompagnarsi, nel cammino verso la conoscenza, come ricorda, a presente passata e futura memoria, Italo Tibaldi, quando, parafrasando l’atroce motto scritto sul cancello di Auschwitz “Arbeit macht frei”, lo sostituisce con “Wissen macht frei”: la conoscenza rende liberi.
Come hanno ricordato, ricordano e ricorderanno ancora, i testimoni del bombardamento di Gavardo: Piero Simoni, Luigi Orlini, Giovanni Tobanelli e Antonio Abastanotti con Flaminia Amici.
Per “de-guerrizzare”, con un neologismo, le nostre menti e i nostri cuori, coscienti che la PACE non è solo ASSENZA DI GUERRA ma la possibilità di costruire mondi e modi di pace a partire da una terza via che è, oggi, la NONVIOLENZA.
Perché i 64 milioni di euro che l’Italia spende ogni giorno per le spese militari, 24 miliardi all’anno, siano utilizzati, diversamente. PER LA VITA.
Abbiamo sentito implorare innumerevoli volte dai testimoni, PACE e MAI PIU’ GUERRA, anche dai sopravvissuti al bombardamento di Gavardo del 29 gennaio 1945, dalla commozione e dalle lacrime in dignità – dal dolore e dalle sofferenze che non passano mai – dalle voci di Flaminia, Piero, Luigi, Giovanni e Antonio.
A mònito.
Per ricordare sempre, e persempre, che dalla guerra non si torna mai, dalle guerre non ci libera mai.
Si è, o si è stati, liberati.
Ma non si è mai più LIBERI.
Allora se i testimoni ci lasciano soli, ma NON DA SOLI, è dunque chiaro AMICI ! :
FLAMINIA E’ QUI.
Grazie Flaminia !
Con rispetto,
Silvia Berruto
* Dal TESTAMENTO, Kriton Athanasulis
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