29 aprile 2017 – 29 aprile 2018
IL DOVERE DI NON COLLABORARE, azione nonviolenta di boycottaggio dell’istituzione negante agita dal progetto culturale Collettivamente memoria, oggi festeggia i suoi primi 365 giorni di NON COLLABORAZIONE.
Se ne sono accorti in molt*. Dello spazio con libri se ne sono accorti persino gli utenti. Ma si sa l’istituzione arriva sempre dopo i cittadini.
Della casa con libri e del palco senza consapevolezze, le operatrici e gli operatori di turno non si sono ancora accorti – a più di un anno dal disastro – di aver agito la DISCRIMINAZIONE verso MINORI e verso GIOVANI.
A LORO INSAPUTA.
Promuovendo la lettura, e magari in nome, dei 12 Principi della Costituzione della Repubblica Italiana.
L’ostracismo ignorante (ché ostrakismòs è quasi cultura politica) si spinge al non saluto.
Del resto l’educazione non si compra: o ce l’hai o non ce l’hai. Se te la sei fatta …e se è permanente. Se conosci le leggi senza ostentare il ridicolo del verosimile.
“Fatti non foste” … ma strafatti si diventa.
Chi è acefalo, ALLINEATO, di corte, e non ha ANCORA compreso i danni che ha arrecati, e riporta solo frammenti di quanto è accaduto: “vedi cara è difficile spiegare è difficile capire, se non hai capito già” (Guccini Francesco, Vedi cara, 1970) non può comprendere né la didattica né i contenuti dell’azione nonviolenta.
A chi va col cronometro a misurare l’azione pseudoculturale che crede di aver agito – a spese della collettività e a spese della discriminazione di MINORI – propongo un corso di alfabetizzazione primaria permanente; a chi CAvaLCA i palchi delle autorità in improbabili cerimonie di riduzionismo storico e culturale propongo un corso di alfabetizzazione politica e dico: IO NON CI STO.
NON NEL MIO NOME.
Il maestro e amico Italo Tibaldi ammoniva a non lasciare spazi liberi all’antagonista che li riempie sempre. Ma se è spazio di melma io non mi inmelmo.
Per il DOVERE DI NON COLLABORARE.
Allora il processo di transumanza e di trasferimento altro non è che il dovere NECESSARIO di NON COLLABORARE per andare, tra il resto, anche a pagare le tasse altrove.
Per sostenere altrove istituti, istituzioni, progetti culturali e spazi COLLETTIVI di PROPRIETA’ e di RESPONSABILITA’ COLLETTIVI: la PIAZZA, LA SCUOLA, LA BIBLIOTECA. Questa è un’idea e uno slogan del progetto culturale Collettivamente memoria. Pronta per essere copiata da chi non ha idee.
PIAZZA, BIBLIOTECA E SCUOLA sono spazi di PROPRIETA’ COLLETTIVA (senza furto). Sono di tutte e di tutti.
In alcuni luoghi però gli SPAZI DI TUTT* sono gestiti da QUALCUN* in maniera PRIVATISTICA.
Disinvoltamente.
Senza rendere conto alla comunità sostenente.
Neppure in campagna elettorale se ne fa cenno. La Costituzione è più inattuata che mai.
Non si fa neppur cenno alla legge elettorale, non più di quel tanto di politically correct che si deve palesare: si presuppone, infatti, che tutte e tutti, in modo più o meno acefalo, vadano a votare.
In nome di una memoria svuotata si fanno passeggiatine e biciclettatine resistenti, si dedicano giardini copiando idee e modi di altri, senza troppa empatica convinzione e condivisione.
Nell’aprogettualità di un astratto estratto la domanda sorge spontanea: che ci vuole ad estrarre, come conigli/e dal cilindro, improbabili aspiranti lettrici e lettori di Principi fondamentali della Costituzione?
Lo si fa DECONTESTUALIZZANDO.
Del resto DECONTESTUALIZZATA, ontologicamente e di fatto, lo è stata la lettura di sei Principi fondamentali della Costituzione Italiana e non dei dodici Principi fondamentali integrali, il 25 Aprile scorso ad Aosta. Nel settantesimo anniversario della Costituzione della Repubblica Italiana.
Per quell’inventato riduzionismo locale che appare, ed è, inclassificabile – storicamente e culturalmente – sempre più insostenibile anche a livello civico.
“Per non appesantire la cerimonia …” è stato scritto.
Tanto nessun* si renderà conto della differenza, avrà “pensato” l’antistorico nucleo dei decisori.
Nell’analogòn, nell’indistinto, nel tutto è uguale al suo contrario, si vanifica il senso.
Con buona pace di chi oggi, in tempo di guerra, vorrebbe la pace sostenendo anche economicamente le associazioni combattentistiche che organizzano il 25 aprile.
La confusione è la cifra di questo tempo.
Il mio tempo è un tempo di disobbedienza.
Di non collaborazione.
In questi, e per questi, primi 365 giorni.
Silvia Berruto, antifascista. Amica e persuasa della Nonviolenza
® Riproduzione riservata. Diffusione auspicata
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