Archivio per novembre 2014

17
Nov
14

Aosta. Espace Populaire. Anteprima assoluta de “Io sto con la sposa” con Gabriele Del Grande

ESPACE POPULAIRE
ore 21.00
Anteprima assoluta de “Io sto con la sposa”

E’ una proposta di Giornalisti Contro il Razzismo.
Su richiesta dell’organizzazione di Io sto con la sposa di mercoledì 12 novembre 2014,
per la co-organizzazione dell’associazione culturale Saperi & Sapori e di Espace di Aosta a cui si sono aggiunti Legambiente e Libera e a cui si aggiungeranno tutti gli spettatori che vorranno vedere il film, in concomitanza e in occasione della conferenza in cui interviene Gabriele Del Grande nell’ambito della Conferenza:
“Immigrazione clandestina, da Mare Nostrum a Triton. Una sfida per l’UE e le realtà locali”.
Organizzato dal Dipartimento di Scienze Economiche e Politiche, dell’Università della Valle d’Aosta, dal Professor Michele Vellano (Ordinario di Diritto Internazionale).
Dalle ore 17.30 alle 19.30 alla sede dell’Università in via Cappuccini, 2 – Aosta

 

Ho scritto sul film due pezzi di cui uno IO STO CON LA SPOSA
. Frammenti di una storia di extra ordinaria umanità
. Torino (Piemonte – Italy) – sabato 11 ottobre 2014 – Cinema Fratelli Marx è stato pubblicato in PRESS del sito di io sto con la sposa (http://www.iostoconlasposa.com/bulletin/it/press), sul sito di Giornalisti contro il Razzismo (GCR) (http://web.giornalismi.info/mediarom/articoli/art_9811.html) e sul portale internazionale Transcend Media Service Solutions-Oriented peace Journalism (https://www.transcend.org/tms/2014/10/italiano-io-sto-con-la-sposa-torino-11-ottobre-2014/).

… perché nella vita arriva SEMPRE il momento in cui bisogna decidere da che parte stare

 

E state con noi.

silvia, giornalista contro il razzismo

16
Nov
14

Aosta. Quarant’anni sempre per la verità.Memorie e attualità della strage di Piazza Loggia (28 maggio 1974- 28 maggio 2014). Seconda Parte

Extrait dell’intervento di Manlio Milani, presidente dell’associazione familiari Caduti di Piazza della Loggia e della Casa della Memoria di Brescia.

– seconda parte –

Preambolo

In occasione del quarantennale della strage di Piazza della Loggia il progetto culturale Collettivamente Memoria ha voluto che Manlio Milani e l’avvocato di parte civile Silvia Guarneri, portassero la loro testimonianza ad Aosta.
Per un pubblico allargato, la sera di giovedì 6 novembre 2014 presso la Biblioteca regionale di Aosta.
Per gli studenti 160 e almeno 13 insegnanti accompagnatori, venerdì 7 novembre 2014 presso il Salone delle Manifestazioni di Palazzo regionale di Aosta.

Ogni antifascista a Brescia la mattina del 28 maggio 1974 o era in piazza o in quella piazza aveva qualcuno “dei suoi” presente.
Tanti, troppi sopravvissuti, a quarant’anni dalla strage, ancora si domandano le ragioni per le quali sono ancora in vita.

A tutti: ai sopravvissuti, ai feriti nell’anima, alle otto vittime che ancora una volta voglio ricordare:
Giulietta Banzi Bazoli, 34, insegnante
Livia Bottardi Milani, 32 anni, insegnante
Clementina Calzari Trebeschi, 31 anni, insegnante
Euplo Natali, 69 anni, pensionato
Luigi Pinto, 25 anni, insegnante
Bartolomeo Talenti, 56 anni, operaio
Alberto Trebeschi, 37 anni, insegnante
Vittorio Zambarda, 60 anni, pensionato
e ai loro familiari,
ai 102 feriti nel corpo,
e ai loro familiari, va il mio abbraccio, lungo, commosso, discreto.

Desidero citare qui il passo di Ivan Giugno nella sua “UNA NON PRESENTAZIONE” all’opera jazz “IN MEMORIAM” (che recensirò a breve anche su questo portale) commissionata dalla libreria cooperativa “Rinascita” di Brescia e prodotta da Matilde Brescianini per Medulla e da Rinascita col sostegno della CGIL.
[…] “Questo hanno fatto Battaglia, Rabbia e Aarset, insieme ad Amadori e Cifarelli, proponendo uno spettacolo indimenticabile che parla alla mente, ma, soprattutto al cuore di tutti, e in particolare a noi che, allora, in Piazza Loggia c’eravamo e che, ancora oggi, non abbiamo capito perché siamo sopravvissuti”.
L’incontro del 6.11.2014 per CM.

Il punto di partenza della riflessione di Manlio Milani si incentra sulla necessità che i fatti debbano sempre essere collocati storicamente per coglierne la complessità.
Questo per far emergere il bisogno collettivo di avere delle istituzioni sempre pronte a restituire VERITA’ nella comprensione dei fatti, sostiene Milani.
“Perché credo che la forza di una democrazia stia anche nel riconoscere i propri errori e limiti per poi affermare principi di verità.”

Milani si riferisce alle parole dette dal Presidente Grasso il giorno precedente in merito al caso Cucchi preso in esame come caso a sé, estrapolato e decontestualizzato. In questo senso, dice Milani, il fatto viene interpretato in chiave negativa perché si prende l’occasione di un fatto e ci si limita ad esso senza comprenderne la complessità.

“Se non cogliamo la complessità non riusciamo a cambiare le cose, non riusciamo a renderci consapevoli di che cosa significhi capire la mancanza di verità, che cosa produce di negativo e che cosa invece la verità affermandosi, riconosciuta in tutti suoi aspetti, può produrre in termini positivi nel processo democratico, nelle modalità dello stare insieme.”
Sulla strategia della tensione si corre il rischio di non cogliere le verità che oggi conosciamo e dall’altro lato di farle scomparire dalla memoria.
Ma dalla memoria non scompaiono … “e sono lì come buchi neri che costantemente chiedono di essere riempiti”.

Da tempo Milani e la Casa della memoria stanno portando avanti un’istanza che riguarda alcune strutture fondamentali del modo di essere democrazia in questo paese: gli archivi. Tema questo fondamentale per decidere quale memoria si voglia preservare all’interno del paese e quindi quale memoria si intenda trasmettere alle nuove generazioni.

La trasmissione della memoria alle nuove generazioni non è un fatto mnemonico legato a date ed avvenimenti accaduti, sostiene Milani, ma la comprensione della storia di un paese. “La storia di un paese, in questo caso il nostro, soprattutto dal periodo postfascista in poi. Come è nata questa Repubblica, come si è formata, quali costi ha dovuto pagare per costruirsi e quali costi ha dovuto pagare per ri-costruirsi, per continuare ad essere democrazia e non diventare qualche cosa d’altro.
Perché la memoria è un processo identitario dell’uomo e lo è nella storia del suo paese. Non tanto come storia privata ma soprattutto come storia di carattere collettivo.”

La messa a disposizione e l’apertura degli archivi sono importanti affinché i cittadini abbiano la possibilità di conoscere, analizzare e criticare la storia e di trarne da essa tutti gli insegnamenti che la storia del passato può dare.

“Così come è importante che la direttiva sull’abolizione del segreto di stato, messa in campo dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri è importante non può fermarsi lì. Ha bisogno di una grande volontà che, oltre che alla messa a disposizione dei documenti, ci dica anche come sono messi a disposizione questi documenti.
Dopo 40 anni la legge sul segreto di stato prevede oggi che i tempi massimi di desecretazione di un documento siano di 30 anni.
E’ ancora tutto molto evanescente perché, in realtà, non sappiamo ancora quanti archivi abbiamo in questo paese.
La direttiva prevede che tutto debba confluire nell’archivio di stato: per il momento sono confluiti alcuni materiali provenienti dal Ministero degli Esteri, non sappiamo quello del Ministero degli Interni.
Ci sono 38 archivi che non conosciamo tra cui gli archivi dell’arma dei Carabinieri e delle forze di Polizia.
Se noi non abbiamo questa disponibilità anche nelle strutture istituzionali o dell’arma difficilmente possiamo ricostruire la credibilità istituzionale che molto spesso è minata anche da ciò che appare come fallimento giudiziario ma che spesso è il fallimento conseguente alla mancata collaborazione tra i vari momenti istituzionali e troppo spesso vediamo che questa mancata collaborazione troppo spesso non è un fatto puramente burocratico è una mancata collaborazione costruita.
Pianificata.
Messa in atto in termini molto ma molto precisi.”

Così come è estremamente importante il protocollo sottoscritto a Roma il 9 maggio scorso con la Presidente della Camera Boldrini e il Ministro della Pubblica Istruzione che sostiene che nelle scuole bisogna riaffermare e riportare l’educazione civica e che “anche gli anni Settanta hanno bisogno di essere affrontati. Perché è in quel contesto lì che la memoria deve servire.”
In una recente indagine del CENSIS 2014 (link) realizzata in occasione del quarantennale a Brescia sugli studenti delle scuole superiori e di provincia è risultato ad esempio un dato assai importante, dice Milani. “Il 70% degli studenti riconosce l’importanza e il valore di avere memoria della storia del passato e ritiene che i primi trasmettitori di memoria devono essere gli insegnanti, sottolinenando così il valore della scuola come strumento fondamentale per costruire memoria.
La memoria in una scuola intesa come spazio libero all’interno del quale tutte le opinioni devono trovare capacità di ascolto e di confronto e dove è decisivo il capire come si è formata la storia e come si sono svolti i fatti. E quindi “è lì si forma davvero il modo di essere di un paese attraverso le nuove generazioni che sanno guardare al passato attraverso il loro presente ma che sanno anche che quel passato può insegnare rispetto al loro presente e rispetto al loro futuro.”

A questo punto si inserisce il tema della necessità di saper sempre distinguere rispetto alle cose.
“Dobbiamo sempre aver la forza di saper distinguere perché le verità che non conosciamo sono responsabilità di uomini dello stato hanno operato contro la verità ma è altrettanto vero che altrettanti uomini dello stato hanno saputo per far emergere le verità che oggi conosciamo.
Saper distinguere è dunque fondamentale. Richiede la volontà di voler conoscere, l’assunzione di responsabilità singola per cercare di capire e di cogliere i fatti come si sono svolti.

“Noi quest’anno abbiamo compiuto quarant’anni e potrà apparire strano ma ci sono stati due fatti molto diversi in quella piazza (Piazza della Loggia, ndr) in questo 28 maggio.
In una piazza adiacente a piazza della loggia nell’aula del consiglio comunale e in una rappresentazione operistica, in un teatro, abbiamo potuto cogliere i volto dei cittadini come erano quarant’anni prima. Volti scolpiti dal dolore … quasi sospesi in una certa misura perché non credevano a quanto fosse successo. Erano attoniti.
E’ stato estremamente importante perché tutti quei volti, esclusi quelli dei morti, ci hanno testimoniato un fatto estremamente importante e cioè che quella strage, prima di colpire otto persone, ha colpito tutti. Ha colpito il paese. E allora il valore di quei volti era di dire questo è in primo luogo un fatto pubblico. E il valore di riproporre quei volti era di ricordare una memoria pubblica di un fatto che è accaduto a tutti.
Contemporaneamente abbiamo avuto una miriade di cori di bambini in quella piazza del 28 maggio (2014, ndr). Di fronte a quei volti attoniti, di fronte alla violenza, di fronte alla volontà di far prevalere l’idea di morte rispetto all’idea di vita, quei bambini erano lì a dirci che piazza della Loggia quel giorno era una piazza viva e non era lì a ricordare la morte ma era lì a ricordare un fatto che ha avuto anche otto persone uccise a cui è stata violentemente tolta la vita. E’ giusto ricordare che cosa significa violenza, che cosa significa interrompere la vita di persone, di coppie, è giusto far risaltare ed esaltare il senso del vivere diventa il modo migliore per combattere l’ideologia della morte e quindi una modalità che rifiuta lo stare insieme.
Questi due elementi credo abbiano caratterizzato il 28 maggio ma hanno anche significato il percorso di questi quarant’anni di vita e di impegno intorno a questo fatto ma attorno ai fatti nella loro globalità.”

Nello stesso tempo bisogna valutare i fatti: cosa è accaduto, perché è accaduto, che cosa si proponeva quel fatto.
Al centro degli attacchi dei due terrorismi c’era la nostra Costituzione.
Il 28 maggio 1974 arriva in un momento particolare di straordinaria euforia del nostro paese e nello stesso tempo di violenza incredibile.
La straordinaria euforia che ci dimostra come il paese era cambiato sotto la spinta dei movimenti in termini positivi di grande avanzata democratica: il ’68. la scuola, lo statuto dei lavoratori, l’istituzione delle regioni. In quei giorni lì trova la sua espressione forse più alta: il referendum sul divorzio (12 e 13 maggio 1974). I cittadini si esprimono su un valore civile e il diritto di poter operare le proprie scelte soggettive.
In quel momento esplode forse il massimo della violenza la strage il 28 maggio 1974.
Ed è una strage che ha tutta una sua particolarità.
Certo la manifestazione è una risposta alla violenza che Brescia stava subendo in quel momento che mette a nudo anche l’obiettivo di chi ha organizzato la violenza.
Perché la strage avviene durante una manifestazione antifascista ed è importante sottolineare questo aspetto perché si contrappongono due modalità: da un lato la violenza esercitata da singoli o da gruppi ristretti e dall’altro lato le forze democratiche – in quel caso tutti i partiti politici (escluso MSI, ndr) tutte le sigle sindacali che dichiarano lo sciopero generale, le ACLI, l’azione cattolica, l’ARCI che non accettano più la violenza e che decidono di farlo senza porsi sullo stesso piano di chi ingenerava violenza.
Come rispondere allora ?
“Non dobbiamo rispondere alla violenza utilizzando la violenza. Bisogna andare tutti in piazza a dimostrare che NOI democraticamente vogliamo sconfiggere la violenza.”
Questo è il senso della manifestazione del 28 maggio che la rende diversa dalle altre stragi nel senso che “le altre stragi appaiono come atti puri e semplici di terrorismo: la banca (Banca dell’Agricoltura, ndr), il treno (Italicus,ndr). Rendere insicuro qualsiasi luogo con lo scopo preciso è di ingenerare paura. Attraverso la paura determinare condizioni di richiesta di ordine pubblico attraverso l’ordine pubblico arrivare alla sospensione di libertà democratiche.
In Piazza Loggia si dice apertamente che ciò che si vuole sfidare sono le istituzioni nel loro insieme.”
Questo è l’obiettivo esplicitato in Piazza della Loggia al punto che, ricorda Milani, ci sarà chi, (appartenente alla destra, ndr), dirà che la strage è stata profondamente remunerativa perché “non abbiamo colpito dei civili ma degli avversari politici.”
Pur rimanendo il tema della paura e del determinare caos fondamentale resta questo obiettivo.

La lezione viene dalla risposta della città.
La città è stata autogestita per tre giorni.
Fu una scelta politica.
Il servizio d’ordine dal basso ha vigilato sulla città e sui funerali che registreranno circa 600.000 presenze di donne e uomini provenienti da tutta Italia.
Il Presidente della Repubblica (Giovanni Leone, ndr) è stato difeso e fischiato.
Difeso in quanto rappresentante dell’istituzione ma fischiato a indicare la necessità di cambiamento di una classe dirigente che non era stata all’altezza. Il cambiamento però doveva avvenire all’interno di un processo democratico.
“Non va mai perso il senso delle istituzioni, insiste Milani, le istituzioni rimangono al di là di chi le rappresenta.
La grande risposta del 28 maggio nasce da questo presupposto.

“Resta il sapore molto amaro della violenza – conclude Milani – che assume la dimensione delle otto persone uccise in quella piazza.”

“Mai dimenticare che la violenza distrugge delle persone, distrugge la loro vita, i loro sogni, i loro progetti. Distrugge chi è morto ma può distruggere coloro che sopravvivono a quella vicenda.”

Ma chi erano quelle persone ? si chiede Manlio.

Gli otto morti sono emblematici della realtà del paese.
Un operaio, cinque insegnanti, due pensionati ed ex partigiani.
A dire, e a certificare, che i valori del lavoro, della scuola e della Resistenza sono i cardini su cui si fonda una società democratica. Ma anche a ricordare che la democrazia non è un bene acquisito per sempre.

“Io credo che sia questa la grande eredità che ci ha lasciato Piazza della Loggia: il rifiuto della violenza, l’esaltazione della vita, la memoria, la necessità di conoscere la memoria e conoscere la storia nella sua complessità, il saper dialogare dentro di essa e attraverso questa costruire prospettive di futuro.”

Silvia Berruto, antifascista

© Riproduzione riservata

– continua –

14
Nov
14

Giornalismo di Pace. Il possibile contributo dei media alla trasformazione nonviolenta dei conflitti. Torino. Centro Studi Sereno Regis

venerdì 14 novembre 2014

ore 15.00
sala Gabriella Poli

 

Il giornalismo di pace è emerso nella metà degli anni 1990 come un nuovo campo interdisciplinare d’interesse per giornalisti professionisti e per attivisti della società civile, ricercatori universitari e quant’altri interessati al nesso conflitti-media. Offre sia un insieme di proposte e opzioni pratiche a redattori e reporter, sia una base per sviluppare criteri valutativi per l’analisi critica del reportage di guerra.
Su questo tema, poco presente nel dibattito e nella pratica in Italia, il Centro Sereno Regis lavora da anni, sin da quando fu organizzato il primo convegno di studi (15-16 dicembre 2006) con la partecipazione dello studioso per la pace Johan Galtung e Mimmo Candito, reporter de La Stampa, come principali relatori.
Questa nuova iniziativa nasce dal cresciuto interesse sorto su questo tema in vari ambienti professionali e accademici.
La data del 14 novembre è un appuntamento scelto per ricordare la figura e l’opera di Gabriella Poli, prima capocronista donna italiana a La Stampa, definita dai suoi colleghi “cronista di un’epoca”, con caratteristiche, stile e interessi che sicuramente rientrano nell’ambito del giornalismo di pace.
Occorre precisare che anche se la proposta iniziale si soffermava soprattutto sulle situazioni di conflitti armati di larga scala, il giornalismo di pace si è andato estendendo a ogni forma di conflitto, dal micro al macro, su scala locale come su scala internazionale.
L’iniziativa del convegno del 14 novmbre nasce anche dalla collaborazione avviata tra il Centro Studi Sereno Regis e il “Master Biennale di Giornalismo” dell’Università di Torino, diretto dal prof. Peppino Ortoleva e coordinato da Vera Schiavazzi, giornalista de La Repubblica, con l’adesione del Centro Interateneo di Studi per la Pace.
Programma
Ore 15,00 Presentazione del seminario e consegna della borsa di studio “Gabriella Poli” per il “ Master Biennale di Giornalismo” Università di Torino
Ore 
15,30 Nanni Salio
 “Giornalismo di pace e trasformazione nonviolenta dei conflitti”
Ore 16,00  Silvia De Michelis 
“Il dibattito internazionale sul giornalismo di pace”
Ore 16,30  Luigi Bonanate 
 “Il ruolo dei media nelle relazioni internazionali”
Ore 17,00  Mimmo Candito “Esperienze sul campo di giornalismo tra pace e guerra”
Seguirà dibattito
Ore 18  Esperienze e casi di studio
Marinella Correggia, “Dall’Iraq all’Afghanistan; dalla Libia alla Siria. Il giornalismo tra manipolazione e ricerca della verità”
Ugo Borga, “Sotto vento? Esperienze di fotogiornalismo di pace in aree di guerra”
Luca Giusti, “Re-media: rimedi per media che non mediano”
Marta Belotti, Jessica Boscolo, Enzo Ferrara, Daniela Iapicca, “Come comunicare il cambiamento climatico”
Luca Rolandi, “Giornalismo cattolico e pace”
Maria Teresa Martinengo, “Cronaca locale e conflitti”
ore 19 Dibattito e conclusioni

GIORNALISMO DI PACE. UN CONVEGNO INTERNAZIONALE A TORINO IL 15 e 16 DICEMBRE 2006

by Silvia Berruto

09
Nov
14

Aosta. Quarant’anni sempre per la verità. Memorie e attualità della strage di Piazza Loggia (28 maggio 1974-28 maggio 2014)

Aosta, Aosta Valley, Italy
6/7 novembre 2014
© Collettivamente memoria 2014

Parte prima
– Introduzione-

“Quarant’anni sempre per la verità. Memorie e attualità della strage di Piazza Loggia 28 maggio 1974-28 maggio 2014” è una proposta del progetto culturale Collettivamente Memoria 2014.

E’ il titolo di due incontri tenutisi il 6 e 7 novembre scorsi ad Aosta, proposti dal progetto culturale “Collettivamente memoria 2014”, in occasione del quarantennale della strage di Piazza Loggia (28 maggio 1974-28 maggio 2014).

Manlio Milani, presidente dell’associazione Familiari Caduti della strage di Piazza Loggia e della Casa della Memoria e l’Avvocato di parte civile Silvia Guarneri sono stati i testimoni e insieme i narratori della storia di una vicenda italiana collettiva non ancora conclusa.

Un incontro pubblico svoltosi giovedì 6 novembre presso la Biblioteca regionale di Aosta e un secondo incontro con le classi quinte di alcune istituzioni scolastiche aostane il 7 novembre presso il Salone delle manifestazioni di Palazzo regionale.

Le adesioni ricevute sono giunte da tre istituzioni scolastiche (Liceo delle scienze umane e scientifico “Regina Maria Adelaide”, Liceo scientifico E.Bérard e Istituto tecnico-professionale regionale “Corrado GEX”, per un totale di nove classi quinte, 160 studentesse e studenti e almeno tredici insegnanti accompagnatori.

Il progetto culturale “Collettivamente memoria” è dedicato ai deportati politici Ida Désandré e Italo Tibaldi e alla partigiana Anna Dati oltre che a tutte le donne e uomini Resistenti, intende riaffermare i valori democratici di un vivere collettivo antifascista che era alla base della manifestazione di piazza Loggia del 28 maggio 1974.

Tutti i co-organizzatori del progetto culturale Collettivamente Memoria e il progetto stesso hanno preso le distanze dalle derive culturali che sarebbero state postate nelle due ultime settimane su facebook da alcuni rappresentanti istituzionali locali. Si fa riferimento alla presunta dichiarazione “I rom ad Auschwitz” e alla presunta condivisione di valori “antidemocratici”, espressa con un mi piace rivolto al post di un amico per l’augurio, da questi inviato, per un “buon 28 ottobre a tutti soprattutto a chi ricorda un passato glorioso”.
Il progetto Collettivamente e tutti i co-organizzatori si richiamano alla Costituzione della Repubblica Italiana (articolo 3 e XII disposizione transitoria) e, per la prima affermazione, alla dichiarazione universale dei diritti umani (articolo 2) e si dissociano da tutte quelle istanze che afferiscono a valori antidemocratici.
Al momento non è dato sapere quali misure siano state adottate dai vertici istituzionali verso queste “esternazioni” privato-pubbliche anticostituzionali.

Contro quei valori basati sulla violenza e sui depistaggi culturali, politici e sociali che hanno tentato di ridurre a fatto privato un fatto pubblico (la strage di piazza della loggia) nel sovvertimento delle regole il cui rispetto è alla base di una convivenza civile.

E contro il depistaggio culturale Collettivamente Memoria offre come pepita lo slogan ideato da Italo Tibaldi, WISSEN MACHT FREI (la conoscenza rende liberi) che accompagna ogni incontro del progetto quest’anno arricchito da un nuovo contributo culturale “dedicato”.
Si tratta di un prestito bibliotecario speciale, con esposizione di libri sulla strage provenienti dalla Biblioteca E. Bertuetti di Gavardo, dalla Biblioteca Casazza di Brescia e dal fondo privato “28 maggio 1974”, proprietà Silvia Berruto oltre alla vetrina “dedicata” allestita in biblioteca regionale per i libri donati in questi anni dalla Casa della Memoria alla Biblioteca regionale di Aosta.
Una proposta, questa, del progetto-intervento ©LIB(E)RI NON BOMBE di Antonella Cafasso e Silvia Berruto.
Un progetto che propone la nonviolenza come processo di acculturazione, stile di vita e via, proposta da amici e persuasi della nonviolenza (solo per Gandhi e poche e pochi altri si può usare l’appellativo di “nonviolento” in modo appropriato) che concepiscono la nonviolenza come prassi e non come teoria.
Con i giovani sempre al centro delle loro riflessioni e del loro progettare.

Ho letto poi la lettera aperta-appello che avevo rivolto alle studentesse e agli studenti bresciani l’anno scorso e che ho inoltrato alle studentesse e agli studenti aostani presenti all’incontro del 7 novembre.

Ecco il testo della lettera.

Care concittadine e cari concittadini
non per ius soli, ma per cultura,
in modo speciale alle giovani studentesse e studenti,
grazie

Vi ringrazio per avermi accolta e ospitata alla vostra riflessione del 24 maggio scorso su piazza Loggia.

Tra le domande poste a Francesco Barilli e a Eugenio Papetti una studentessa ha chiesto che cosa potete fare voi, che non avete vissuto quel momento, per mantenere vivo il ricordo della strage.

Non ho ricette ma mi piace segnalarvi proprio oggi – 28 maggio 2013 – due pepite che mi sono state regalate durante la mia vita ricca di incontri, sperando possano esservi di una qualche utilità.

Wissen macht frei ovvero La conoscenza rende liberi.
Mònito e direzione insieme, a cui tendere, ricevuti dall’amico e maestro Italo Tibaldi dal quale ho accolto il testimone accettando di testimoniare sui temi della deportazione avvenuta prima, soprattutto durante, e dopo la seconda guerra mondiale.
In riferimento a quest’ultima anche in qualità di nipote di un internato militare bresciano.

Conoscere la storia permette poi di fare memoria, non solo in termini emotivi.

Per questo, e per testimoniare, ho ideato un progetto culturale che ho intitolato Collettivamente Memoria e che da alcuni anni condivido con amici e “porto in giro” insieme a deportate e deportati, giovani studentesse e studenti, partigiani e staffette e anche con Manlio Milani che ormai da tre anni viene ad Aosta per fare storia e memoria di Piazza Loggia.
Perché Piazza Loggia è storia che non lascia libero nessun bresciano.
Anche quelli che, come me, non abitano in città.

Sul sito silviaberruto.wordpress.com potrete leggere di questo progetto.

Gandhi ha detto che non c’è una via per la pace, la pace è la via.

La seconda pepita che desidero passarvi proprio oggi 28 maggio 2013 è la potente via della NONVIOLENZA.

Per il vostro empowerment essa rappresenta una via di acculturazione e liberazione.
Per tutta la vita vi proporrà metodo, contenuti e vie di risoluzione nonviolenta dei conflitti.
Sappiate però che intraprendere questa via comporta un necessario e irrinunciabile, preliminare duro e disciplinato lavoro nei confronti della propria violenza intima e individuale.

A disposizione vi saluto, sperando di non avervi disturbati, augurandoVi tanta voglia di futuro.
Vi abbraccio tutte e tutti.
Oggi in modo particolare.

Con rispetto,
silvia

28 maggio 2013
poco prima di andare in Piazza Loggia

E in conclusione ho preso a prestito le parole di Manlio.
“Quarant’anni dopo […] la Cassazione riporta all’attenzione di tutti le motivazioni e gli obiettivi che erano alla base di quella manifestazione del 28 maggio 1974 e colloca definitivamente piazza Loggia nella lotta per la difesa del sistema democratico della Repubblica nata dalla Resistenza. Lo dico con con un certo orgoglio perché quella mattina chi era in piazza aveva scelto di esserci proprio per difendere quei valori costituzionali.
[…] Le stragi, in quegli anni, hanno colpito un modo di stare insieme, un modo per relazionarsi l’uno rispetto all’altro, una modalità dialogante che è la ragione stessa del vivere. La giustizia negata aveva accentuato questa rottura sociale, trasformato il fatto da pubblico a privato; e, alla fine socialmente, ci si dimentica che quei morti erano persone alle quali è stato tolto violentemente il diritto alla vita. Inoltre, ai sopravvissuti (e quindi alla società), in carenza di giustizia, risultava impedito di recuperare quella normalità del vivere che porta a superare il fatto, riconosciuto nella sua essenza e quindi storicizzato, senza dimenticare. Non l’oblio, ma la sua collocazione nel solco della storia che è consapevolezza del perché quel fatto è avvenuto.
[…] Ora, con questa sentenza (21 febbraio 2014, ndr), possiamo dare loro (gli otto morti che Manlio chiama fantasmi senza sepoltura, ndr) un pezzo di terra su cui riposare e noi, con loro, potremo finalmente riconoscerci come cittadini in quelle istituzioni che il 28 maggio 1974 abbiamo difeso.”

Dalla postfazione di Manlio Milani a Piazza Loggia. Brescia 28 maggio 1974. Inchiesta su una strage di Pino Casamassima, Sperling & Kupfer, 2014

Per non dimenticare.
Per fare storia e memorie.
Per RESTITUIRE una storia comune. Non condivisa.
Per queste ragioni ci siamo incontrati.

Per “Quarant’anni sempre per la verità.”
Per questo abbiamo ringraziato Manlio Milani e l’avvocato Silvia Guarneri per l’accompagnamento nella riflessione su un fatto storico e di attualità che riguarda tutti.

silvia berruto
antifascista
introduzione
– continua –

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C – Riproduzione riservata

09
Nov
14

International Day Against Fascism and Antisemitism – 9 November. IO condivido

International Day Against Fascism and Antisemitism – 9 November

After the Nazis came to power in Germany in 1933, Jews were subjected to increasingly discriminatory treatment accompanied by organised violence. On November 9th 1938, the Nazis started a pogrom against the Jews. Synagogues were set on fire.
Jewish shops had their windows smashed across the country, which gave rise to the name “Kristallnacht”, which freely translated means the Night of Broken Glass. Many Jews were physically attacked too. The “Kristallnacht” pogrom is usually seen as the symbolic beginning of the Holocaust.
On 9 November each year the UNITED network organises a European-wide campaign to commemorate the past and to protest against contemporary forms of fascism and antisemitism.
We call upon all organisations to take part in the campaign. Your group can organise concerts or conferences, send protest letters to policy-makers or find other ways of voicing your opinion. Just contact UNITED – we can provide you with information and campaign material and logos.
http://www.unitedagainstracism.org/campaigns/international-day-against-fascism-and-antisemitism/

UNITED for Intercultural Action
European network against nationalism, racism, fascism and in support of
migrants and refugees
Postbus 413, NL-1000 AK Amsterdam, Netherlands
phone +31-20-6834778 • fax +31-20-6834582
info@unitedagainstracism.org
http://www.unitedagainstracism.org
http://www.facebook.com/UNITEDforInterculturalAction
twitter.com/UNITED__Network

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